Lettera n. 1327

Tasso scrive a Giovanni Battista Licino che, prima della sua partenza da Roma, Maurizio Cataneo gli riferì di avere lettere per lui mandate da Bergamo, per cui stimava che fossero proprio del Licino. Erano tuttavia prive dei dialoghi (forse allude al De la Dignità, Il Forno overo de la nobiltà e Il Nifo overo del piacere: vd. Lettere, ed. Guasti, 1267, 1284, 1306) che il poeta vorrebbe, perché possa «sodisfarmi con la revisione». Tasso informa inoltre di aver raccolto le sue rime in quattro libri, ciascuno in quattro parti, di cui la prima dotata di commento. Vorrebbe consegnare le rime a una persona fidata e che fosse «desiderosa de la mia gloria». Tasso vorrebbe non emergesse la sua ambizione o la sua vanità che potrebbero impedirgli «qualche dignità ecclesiastica», cui dice di aspirare. Se il corrispondente, in collaborazione con il tipografo bergamasco Comino Ventura e «altri amici» potesse assolvere questo «servizio» (dunque provvedere alla stampa dei suoi versi), il poeta consegnerà i libri delle rime – corrette e accresciute – a persona fidata. Chiude la missiva chiedendo nuovamente i suoi dialoghi.