Lettera n. 188

Tasso scrive al frate cappuccino Marco da Ferrara di non dubitare che Dio sia conoscitore del cuore degli uomini, ma di non essere certo che i segreti di un uomo possano essere rivelati senza miracolo. Il poeta afferma che se i suoi pensieri sono stati resi noti al padre, occorre lodare l'infinita bontà divina, conformatasi alla sua volontà. Non vuole comunicare alcun segreto per lettera, essendo incerto della costanza del suo animo, nel quale non ripone alcuna fiducia dopo le esperienze passate; se non fosse trattenuto dalla diffidenza che prova per se stesso, avrebbe già dato avviso ai principi e cavalieri napoletani, in particolare a Vespasiano Gonzaga, sia del suo stato esteriore che della sua intima volontà, la quale non può essere conosciuta che da Dio o dai suoi ministri, tra i quali pone il destinatario. Il poeta chiede infine a Marco da Ferrara di non rivelare ciò che sa, dal momento che Dio ha dato libera volontà all'uomo di operare il bene e il male e Tasso è certo che molti uomini lo ostacolerebbero se venissero a conoscenza delle sue deliberazioni.